Nuova adunanza plenaria per i diplomati magistrali
Con sentenze nn. 4 e 5 del 27 febbraio 2019 l’Adunanza Plenaria si è espressa nuovamente sulla questione del diritto dei diplomati magistrali ante a.s. 2001/2002 all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.
In particolare l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con tale pronuncia ha affermato che:
” – Il d.m. n. 235/2014 disciplina – come emerge chiaramente dal tenore letterale di ciascuno degli articoli di cui si compone – i criteri di massima per la permanenza, l’aggiornamento e la conferma dell’inclusione di coloro che sono già iscritti nella graduatoria. Il decreto si rivolge, pertanto, a soggetti determinati o, comunque, facilmente determinabili. I destinatari del d.m. sono esclusivamente i docenti già inseriti nelle graduatorie, i quali, evidentemente, sono gli unici soggetti che possono ottenere l’aggiornamento della posizione o la conferma della stessa.
I destinatari del d.m. sono, quindi, determinati sin dal momento della sua adozione e rappresentano una categoria chiusa.
I criteri di aggiornamento hanno, peraltro, efficacia limitata nel tempo perché valgono solo per il triennio 2014-2017.
Tali caratteristiche sono incompatibili con l’ipotizzata natura normativa, perché mancano gli elementi essenziali della norma giuridica, ovvero: l’astrattezza (intesa come capacità della norma di applicarsi infinite volte a tutti i casi concreti rientranti nella fattispecie descritta in astratto), la generalità (intesa come indeterminabilità, sia ex ante che ex post, dei destinatari della norma) e l’innovatività (ovvero la capacità di modificare stabilmente l’ordinamento giuridico).
Il d.m. in esame ha, infatti, ad oggetto una vicenda amministrativa specifica e temporalmente circoscritta (l’aggiornamento delle graduatorie per il triennio 2014/2017), ha destinatari determinati e non innova l’ordinamento giuridico, limitandosi a fissare criteri di massima per l’aggiornamento della graduatorie la cui applicazione è limitata nel tempo.
– La natura normativa trova smentita anche nella forma e nel procedimento di approvazione del d.m., che non è quello dei regolamenti ministeriali di sui all’art. 17, comma 4, l. 23 agosto 1988, n. 400. Basti pensare che: il d.m. in questione, oltre a non recare la denominazione “regolamento”, non è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato, né al visto della Corte dei conti, né previamente comunicato al Presidente del Consiglio dei Ministri. Se il d.m. avesse natura normativa, quindi, si tratterebbe di un “atto normativo non regolamentare”, il che, però, porrebbe seri dubbi di legittimità, alla luce del tradizionale e condivisibile orientamento in base al quale il governo o i ministri non possano esercitare la funzione normativa con una procedura diversa da quella prevista dall’art. 17 l. n. 400 del 1988, specie in assenza di una previsione legislativa specificamente derogatoria. (cfr. Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 9).
– Il d.m. n. 235 del 2014 non è, a ben vedere, neanche un atto amministrativo generale. L’atto amministrativo generale, pur privo (a differenza dell’atto normativo) dell’astrattezza, si caratterizza per la generalità dei destinatari, intesa nell’unico modo compatibile con la natura “concreta” dell’atto amministrativo generale, ovvero come indeterminabilità dei destinatari ex ante, ma non ex post. Tipico esempio è quello dei bandi di gara o di concorso, i cui destinatari non sono determinabili al momento della pubblicazione del bando, ma lo diventano quando scadono i termini per la presentazione delle domande (i destinatari sono solo coloro che hanno presentato la domanda di partecipazione).
Il d.m. n. 235 del 2014, al contrario, come già evidenziato, si rivolge a destinatari già noti al momento dell’adozione, ovvero tutti coloro e solo coloro che sono già inseriti nelle GAE. Si tratta, quindi, di un atto amministrativo che si rivolge a un gruppo delimitato di soggetti. In questo senso, utilizzando una denominazione di matrice dottrinale, lo si può qualificare come atto amministrativo “collettivo”, per distinguerlo sia dall’atto amministrativo generale (i cui destinatari sono indeterminabili ex ante), sia da quello plurimo in senso stretto (che è solo la sommatoria di più provvedimenti individuali che si fondono in un atto unico). Il che non toglie, come già chiarito dalla sentenza n. 11 del 2017, che si tratti, comunque, di un atto amministrativo di macro-organizzazione, come tale idoneo a radicare la giurisdizione amministrativa, come riconosciuto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno confermato tale giurisdizione (cfr. Sez. Un., ordinanza14 dicembre 2016, n. 25840)”.
Alla luce di tali considerazioni l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha dichiarato che l’efficacia erga omnes della sentenza di annullamento del d.m. n. 235 del 2014 va esclusa anche alla luce di ulteriori argomenti, che si fondano sui principi generali del processo e richiamano il tema dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo.
Con tale pronuncia l’Adunanza plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:
1. L’art. 26, comma 6, d.lgs. 13 aprile 2017, n. 62, e l’art. 4, decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, non hanno determinato la sopravvenuta carenza di interesse dei titolari di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, ad ottenere l’inserimento nelle GAE, atteso che le GAE continuano a costituire canale di accesso per la copertura dei posti vacanti del personale docente ed educativo nelle scuole primarie e dell’infanzia.
2. Il giudicato amministrativo ha di regola effetti limitati alle parti del giudizio e non produce effetti a favore dei cointeressati che non abbiamo tempestivamente impugnato. I casi di giudicato con effetti ultra partes sono eccezionali e si giustificano in ragione dell’inscindibilità degli effetti dell’atto o dell’inscindibilità del vizio dedotto: in particolare, l’indivisibilità degli effetti del giudicato presuppone l’esistenza di un legame altrettanto inscindibile fra le posizione dei destinatari, in modo da rendere inconcepibile, logicamente, ancor prima che giuridicamente, che l’atto annullato possa continuare ad esistere per quei destinatari che non lo hanno impugnato. Per tali ragioni deve escludersi che l’indivisibilità possa operare con riferimento a effetti del giudicato diversi da quelli caducanti e, quindi, per gli effetti conformativi, ordinatori, additivi o di accertamento della fondatezza della pretesa azionata, che operano solo nei confronti delle parti del giudizio.
3. L’annullamento dei decreti ministeriali di aggiornamento delle GAE (in particolare del d.m. n. 235 del 2014), nella parte in cui non consentono ai diplomati magistrali l’inserimento in graduatoria, produce un effetto non propriamente caducante (stante l’assenza nel d.m. di alcuna previsione, suscettibile di essere caducata, diretta a disciplinare l’accesso in graduatoria da parte di chi non sia già inserito), ma, sostanzialmente, di accertamento della pretesa all’inserimento e, di conseguenza, determina un effetto additivo/conformativo: tale giudicato, pertanto, a prescindere dalla natura giuridica dei decreti ministeriali, non si estende a soggetti diversi dagli originari ricorrenti.
4. Ai diplomati magistrali che non abbiano presentato tempestivamente domanda per l’inserimento nelle GAE o che non abbiano tempestivamente impugnato l’atto con cui la loro domanda è stata respinta, è preclusa l’impugnazione dei decreti ministeriali che si limitano a prevedere i criteri per l’aggiornamento delle GAE, atteso che detti decreti di aggiornamento non producono alcun effetto lesivo nei loro confronti, né è possibile individuare in essi la fonte (o la rinnovazione) dell’effetto lesivo consistente nell’esclusione dalle graduatorie.
5. Il termine per impugnare il provvedimento amministrativo decorre dalla piena conoscenza dell’atto e dei suoi effetti lesivi e non assume alcun rilievo, al fine di differire il dies a quo di decorrenza del termine decadenziale, l’erroneo convincimento soggettivo dell’infondatezza della propria pretesa. Deve, pertanto, escludersi, che il sopravvenuto annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo possa giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e per i quali, pertanto, si è già verificata una situazione di inoppugnabilità, con conseguente “esaurimento” del relativo rapporto giuridico.
6. Il possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002 non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo istituite dall’articolo 1, comma 605, lett. c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
7. L’istituto del c.d. prospective overruling (che limita la retroattività dell’interpretazione giurisprudenziale) non può invocarsi per giustificare la perdurante applicazione di un orientamento interpretativo non espressione di un diritto vivente, perché sviluppatosi in un arco temporale di pochi mesi e perché fondato su premesse processuali e conclusioni sostanziali che presentano profili di contrarietà a consolidati indirizzi giurisprudenziali di segno opposto, specie quando l’irretroattività della nuova esegesi avrebbe l’effetto di sacrificare la legittima aspettativa di un’amplia platea di soggetti controinteressati, producendo così effetti in danno degli stessi. Non ricorrono, pertanto, i presupposti per modulare in maniera non retroattiva l’efficacia temporale dei principi di diritto enunciati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 11 del 2017.